Mapei contribuisce al restauro della Sacrestia Aquilonare del Duomo

L’intervento ha coinvolto la linea Risanamento e Restauro

30 novembre 2021

È stato presentato oggi il completamento del restauro della Sacrestia Aquilonare del Duomo di Milano, intervento avviato nel 2018 e proseguito per un triennio. Mapei ha messo a disposizione la sua competenza tecnica, utile per la risoluzione di alcune complesse problematiche sui materiali da utilizzare per il restauro.

La competenza e la professionalità di Mapei, insieme a prodotti adatti e affidabili, hanno aiutato nel recupero di un luogo che riveste un’importanza speciale nella storia della costruzione del Duomo: le mura della Sacrestia Aquilonare furono edificate sul finire del ‘300, proprio dove si ergeva il Battistero di Santo Stefano alle Fonti, in cui Ambrogio stesso ricevette il battesimo pochi giorni prima di diventare vescovo di Milano. Il restauro appena concluso può essere annoverato tra i più rilevanti perché svela quale potesse essere l’aspetto della Cattedrale ai suoi albori, spalancando nuove prospettive di studio.

L’intervento di restauro ha riportato alla luce sorprendenti dettagli: nuova luce illumina la decorazione del maestoso portale di ingresso (risalente al XIV secolo) e i suoi colori originari, il disegno stellato del pavimento, le volte seicentesche affrescate da Camillo Procaccini insieme alle pareti in marmo e a ciò che resta di un antico portale in cotto, riemersi dalla caligine del tempo.

Davide Bandera, responsabile della Linea Risanamento e Restauro Mapei, racconta così l’intervento:

Il degrado degli intonaci e delle finiture, nonché dell’impianto decorativo, sono i principali problemi che hanno coinvolto la Sacrestia Aquilonare e che hanno richiesto particolari attenzioni nel momento in cui sono stati decisi gli interventi di risanamento e restauro conservativo di questa zona del Duomo. Per la definizione delle corrette operazioni è stato necessario, da parte del Direttore e delle imprese coinvolte, unitamente al nostro supporto, individuare con precisione le cause che hanno determinato il problema o il degrado attraverso un’attenta analisi visiva e, successivamente, adottare il corretto intervento, nonché la giusta tecnologia. Spesso diamo per scontato di conoscere perfettamente tutte le fasi che devono essere compiute, nel momento in cui si inizia il progetto di risanamento e restauro conservativo di un edificio di pregio. Purtroppo, questo è vero solo in parte, in quanto a volte vengono tralasciati alcuni aspetti importanti come, ad esempio, l’importanza di effettuare delle analisi visive in cantiere (I fase) per ottenere tutte le informazioni utili sull’edificio e sui materiali che lo compongono, oltre al suo stato di conservazione. Qualora si renda necessario approfondire il grado di conoscenza della struttura da risanare e/o restaurare, dovranno essere effettuate delle indagini diagnostiche (II fase), attraverso analisi chimico-fisiche e mineralogiche in grado di definire lo stato di degrado dei materiali e le cause che lo hanno determinato, al fine di indirizzare correttamente qualsiasi intervento.

Sono svariate le indagini diagnostiche, talvolta molto complesse, che possono essere effettuate sia direttamente in situ sia presso laboratori specializzati, in questo caso, su campioni prelevati in cantiere. Tali analisi sono condotte per definire l’eventuale stato di degrado di un edificio e/o degli elementi costruttivi, nonché le cause che lo hanno determinato. In altri casi, solo per citarne alcune, per determinare la composizione chimico-fisica di un intonaco o di una malta da muratura, nonché la presenza di sali solubili. Altre ancora per stabilire la stratigrafia degli strati di rasatura o di pitture sovrapposte nel tempo oppure la natura del pigmento originale utilizzato in un affresco. La III fase riguarda la scelta dei materiali. Essa riveste un’importanza vitale in un intervento di restauro, in quanto dovrebbe essere compiuta in modo che il prodotto e/o sistema prescelto risulti reversibile e compatibile con i materiali impiegati originariamente nella costruzione dell’edificio. Con il termine reversibile siamo soliti identificare un processo che può essere invertito e, quindi, per quanto riguarda un prodotto, che può essere rimosso senza causare alcun danno alla struttura o all’elemento costruttivo in generale. Il termine compatibile, invece, associato ad un prodotto, identifica un’affinità chimico-fisica ed elasto-meccanica con le proprietà dei materiali originali. La scelta di un prodotto non compatibile con i materiali e le tecniche costruttive impiegate in passato può determinare l’insuccesso dell’intervento o il suo degrado repentino. Se la nostra attenzione si sofferma sugli intonaci e sulle malte da muratura, i prodotti che più rispondono a queste richieste sono quelli a base calce, perché più rispettosi della tradizione costruttiva, in quanto il Duomo e quasi tutti gli edifici di pregio storico e architettonico sono stati costruiti con tale legante. La IV fase, non meno importante delle precedenti, riguarda la definizione delle tecniche e metodologie applicative. Essa dipende dal tipo di prodotto prescelto, che deve essere applicato correttamente in accordo alle raccomandazioni fornite dal produttore. Nel caso del restauro della Sagrestia Aquilonare è stato possibile seguire questo approccio nella sua interezza e con la corretta consecutio: Soprintendenza, Restauratori incaricati, Politecnico, Area Tecnica di Mapei e Direzione Cantieri della Fabbrica hanno così lavorato “gomito a gomito” nelle prime settimane, individuando problemi e soluzioni, prima di tradurle in opere di restauro.

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